Tu vo fà l’amerigano…

Noi non siamo americani ne mai lo saremo. Per sfortuna o per fortuna. Alberto Sordi la descrisse molto bene la differenza tra noi e loro quando tentava di mangiare gli spaghetti con la marmellata bevendo latte. Noi siamo da maccheroni e da fiasco di vino. Non è una critica del noi meglio di loro o viceversa. E’ una semplice constatazione. Ma non è solo il cibo a fare la differenza. Nel 1492 (quasi 1500) quando Cristoforo Colombo, per un errore di rotta, approdò nel continente “americano”, noi avevamo già edificato il Duomo di Firenze e la Cappella Sistina, eravamo già pregni di storia quando la loro doveva ancora nascere. 280 anni dopo però, prima di quella che noi consideriamo l’età contemporanea sancita con la Rivoluzione Francese, gli americani o gli “occupanti” di quel continente avevano già fatto la loro rivoluzione producendo la famosa Dichiarazione di Indipendenza. La Rivoluzione Francese quindi non è stata una vera svolta perchè gli americani l’avevano già fatta un decennio prima. L’America di oggi è frutto di quella dichiarazione e chiunque abiti in quella terra si sente prima americano e poi quello che realmente è. Loro sono progrediti verso un marcato nazionalismo fino ad arrivare ad erigersi “paladini” del mondo libero, e noi, senza loro, parleremmo ancora tedesco…forse… Ma allora da dove nasce tutto questo interesse per le elezioni americane? Nasce da una profonda ignoranza e ipocrisia coltivata da una certa parte politica che vuol far credere che noi possiamo essere come loro. Kennedy, Reagan, Clinton e ultimo Obama miti da seguire per tentare di essere come loro. Ma per fare questo non bisogna desiderare di avere anche noi i loro politici, bisogna diventare in primis americani, con i loro pregi e i loro difetti. Loro sono una collettività, noi siamo individualisti. E’ questa la differenza che genera la loro politica. Loro sono Repubblicani e Democratici ma tutti sono americani. Noi invece siamo fascisti, comunisti, grillini, berlusconiani, vendoliani, democristiani, renziani, dipietrani, bersaniani e rimaniamo tali fino in fondo, pronti a sputarsi negli occhi e ad usare tutte le armi per sconfiggere il nemico anche a costo di minare il nostro stesso paese. E allora cari connazionali cosa significa per voi l’Election Day? Cosa conoscete dei candidati USA? Vi piace Obama perchè quasi nero? Allora siete falsi antirazzisti. Chi è per voi Obama e cosa rappresenta? Conoscete Romney? Conoscevate Bush? Dopo l’11 Settembre eravate tutti artificieri e esperti in demolizioni dei palazzi. Avete condannato Bush reo di aver iniziato una guerra non giusta. Ma sapete realmente di cosa state parlando o no? Andate negli stadi e vi scannate per una partita di calcio e volete essere americani. Siete mai stati ad un Superbowl  o a una finale NBA? Studiate la storia, studiate, informatevi sui candidati che nel futuro saranno in parlamento ad amministrarvi ed evitate di guardare in casa di altre nazioni o stati perchè i popoli non sono tutti uguali, anzi… Guardate che cosa è l’Italia oggi. Un accozzaglia di persone, un accozzaglia di amministratori, un accozzaglia di politici. E volete guardare all’America. In America ad ogni evento sportivo suonano l’inno e tutti lo cantano. Volete essere americani? Iniziate ad essere italiani poi… si vedrà!

L’unorismo, la politica e…. Grillo

Prendo dalla rete un ottimo spunto di Gianni Pardo sul confronto tra umorismo e politica, visto l’affacciarsi di numerosi comici sulla scena. La battuta di Churchill e il paragone con le malattie rendono bene l’idea di cosa siano le parole ma sopratutto i fatti. 

 di Gianni Pardo

Molti, dicendo che Beppe Grillo è un comico, lo squalificano. Con “comico” intendono “buffone”, “incompetente”, “ignorante”. E si sbagliano. I comici, o per meglio dire gli umoristi, sono molto di più. Se la farsa ha meccanismi elementari, per non dire primitivi, l’umorismo rappresenta un livello di pensiero cui moltissimi (persino fra i comici) non giungono neppure. La sua molla fondamentale è il senso critico accoppiato al coraggio di dire una verità “indecente”. Basti pensare alle mille barzellette sessuali o a quelle sulla suocera. Il senso critico mostra gli errori di molte convinzioni. La falsità di molte idee accettate. La stupidità a volte autolesionistica del conformismo. L’umorismo, che ne è figlio, ha il coraggio di dire le verità “scandalose” e infine la risata libera dallo scrupolo di accettarle come vere. Ha detto Nietzsche: “Lachen heisst: schadenfroh sein, aber mit gutem Gewissen”, ridere significa essere contenti di qualcosa di negativo, ma con buona coscienza. Ridendo ci assolviamo e facciamo credere agli altri che non prendiamo sul serio una verità che invece prendiamo sul serio. Un paio di esempi. In Wilson lo Zuccone Mark Twain ha scritto che Adamo “non desiderava il pomo per il pomo, lo desiderava solamente in quanto proibito. L’errore è stato di non proibire il serpente: se così fosse stato, Adamo avrebbe mangiato il serpente”. Ridiamo. Ma perché? Perché in fondo al cuore ci rendiamo conto che Dio avrebbe potuto risolvere tutto il problema non mettendo nell’Eden l’albero vietato. O vietando il serpente, come dice Twain. I teologi dicono che Dio ha creato l’uomo per renderlo felice ed anche voluto che questa felicità la meritasse; e per questo lo ha messo alla prova. È colpa dell’uomo, se ha fallito. Ma la tesi non regge. Se voglio rendere felice qualcuno non lo sottopongo a una prova in cui potrebbe fallire. Ti compro il gelato se attraversi la strada senza farti ammazzare. La prova dell’Eden non resiste alla logica ma tutto ciò è contro la religione e dunque bisogna riderne. Anche per conservare la “buona coscienza” di cui parla Nietzsche. Altro esempio, una famosa battuta di Woody Allen: “Non solo Dio non esiste, ma provate a trovare un idraulico di domenica”. Innanzi tutto chi ride lo fa dopo aver sentito affermare che Dio non esiste, e questa non è certo una frase da dire dinanzi ad un’assemblea di buoni borghesi. Poi il senso della battuta è che l’uomo moderno non soltanto non sente su di sé l’ala protettrice della Divina Provvidenza, non solo non spera nella Giustizia Finale e nel Paradiso, ma non sfugge neppure ai problemi più triviali. È la rappresentazione della miseria filosofica e della miseria pratica dell’individuo. Più efficace di un quaresimale.  Una delle tante battute di Churchill: “Il migliore argomento contro la democrazia è una conversazione di cinque minuti con un elettore medio”. Ecco la brillantissima sintesi di un lungo discorso. Lo statista dà elegantemente del cretino al prossimo medio e insiste nel contempo su un concetto serissimo: la democrazia è valida malgrado la sua vulnerabilità a quella demagogia che tanta presa ha sull’elettore medio. E qui si vede che umorismo e genio non sono in antitesi. Del resto Churchill in questo ha avuto dei colleghi illustri, da Voltaire a Bertrand Russel. Nel vero umorismo sono contenute grandi verità, perché esso nasce dalla capacità di vedere le incongruenze della realtà e la falsità di molte credenze. Esso ha il coraggio di strappare il velo del conformismo corrente, poiché però c’è chi di esso vive, certe verità si possono accennare solo per scherzo. Poteva dirle solo il buffone, a corte, perché era inteso che “esagerava”, “inventava”, parlava “per far ridere”. Senza magari badare al fatto che diceva la verità. In realtà tutti avevano voglia di udire quella verità “con buona coscienza”, accogliendola con una risata liberatoria. L’umorista incontra tuttavia il suo limite quando crede che basti diagnosticare una malattia per guarirla. La comicità è un solvente, un piccone, uno strumento di demolizione: non di costruzione. Churchill sapeva ridere e conquistare la Germania, ma è stato un’eccezione. Ecco l’errore di Grillo e di tutti quelli che lo seguono. Vedere gli errori, le ingiustizie, le inadeguatezze della società non corrisponde ad essere in grado di metterci rimedio. Qualunque medico è in grado di capire che cos’è un cancro e tuttavia neppure i luminari del mondo seppero salvare il giovane e brillante Giovanni Agnelli.  L’incontro con la realtà, per Beppe Grillo e per i “grillini”, non si annuncia gradevole.